Milano… a Milano non ti annoi praticamente mai. E non parlo dell’atmosfera natalizia, dei negozi luccicanti, della gente sempre frettolosa, ma di Arte.
Solo a Palazzo del Duomo in questi giorni trovi “Giotto. L’Italia”, “Da Raffaello a Schiele” e “Alfons Mucha e le atmosfere Art Noveau”.
Cominciamo dalla prima, con la solita precisazione che io sono una pittrice non una tuttologa e vi riporto le mie impressioni, percezioni e sensazioni assolutamente personali.
Cosa mi ha colpito di Giotto? La prima cosa che ho scoperto è che, seppure di origini contadine, nel tempo con la sua attività era diventato un uomo ricco. Chissà perché me l’ero sempre immaginato povero in canna. Forse influenzata da ricordi antichi.. come quello di una scatola di matite colorate laddove, sul retro della stessa, si raccontava che Cimabue avesse scoperto la bravura di Giotto mentre disegnava delle pecore con del carbone su un sasso, o l’aneddoto di come Giotto fosse capace di disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso, la famosa “O” di Giotto. E pure si era sposato ed aveva avuto quattro figlie e quattro figli, dei quali uno, Francesco, pittore pure lui.
Insomma, negli anni ti crei degli stereotipi basati su una conoscenza generale e superficiale delle cose.
Guardavo attentamente i suoi dipinti: la prima cosa che provavo era l’impressione di staticità delle pose. Poi ho riletto quei volti e quei gesti contestualizzandoli all’epoca in cui erano stati fatti (fine 1200, inizi 1300) e, con sorpresa, ho visto degli elementi di tenerezza, delle espressioni che all’inizio non avevo colto, lungi dall’essere tipici dell’epoca. Adesso mi spiego meglio: la Madonna seduta con il Bambino in grembo, posa classica frontale, ma… il Bambino ha posata la sua manina sul mento della Madre, in un altro la Madonna gli tiene il piedino quasi per dargli una mano a sollevarsi. Un dialogo fatto di tenerezze nascoste.
Allora mi soffermo anche su uomini di Chiesa e Santi e in alcuni si percepisce l’arguzia, o la sofferenza della conoscenza.
Una piacevole riscoperta.
Di Alfons Mucha sono matematicamente certa che tutti hanno visto qualcosa e che molti non riconducano le stesse a lui come artista. Parola d’ordine per questa esposizione é… eleganza. Eleganza nei movimenti di quest’arte tutta al femminile, pose plastiche aggraziate, motivi floreali, raffinatezza. Donne angeliche e sensuali, per sempre giovani e bellissime.
Sono esposti anche mobili e oggettistica in vetro o ceramica.
Vi spiego un pochino di che si tratta: lui si dedicava alla produzione di cartelloni pubblicitari, manifesti teatrali, copertine per riviste, calendari, illustrazioni librarie. Le sue donne sono contornate da linee pure e nitide, così come i motivi floreali o meno che fungono da sfondo al soggetto.
Una sezione della mostra ha come tematica principale il teatro e Mucha ha ritratto diverse volte per poster e manifesti teatrali l’attrice Sarah Bernhardt. Ne ha colto la sua drammaticità ed il magnetismo dello sguardo, in pose eteree e di una eleganza assoluta.
Riconosci marche di prodotti che entravano abitualmente nelle case, dalle scatole dei biscotti alle tavolette di cioccolato, fino ad arrivare ai profumi e ai prodotti per l’infanzia (Suchard, Nestlè).
Protagonista anche il mondo animale, con la presenza di un repertorio di oggetti d’arte decorativa caratterizzati dalla presenza di soggetti emblematici dell’epoca come pavoni, libellule e creature acquatiche.
Ultima ma non ultima la mostra “Da Raffaello a Schiele” con le opere provenienti dal Museo di Belle Arti di Budapest
Che dire? Ammirare il disegno potente di Leonardo su arti e corpi di cavalli, un cavallo impennato in bronzo sempre suo, mi fa sempre lo stesso effetto, mi toglie il respiro, mi fa capire che lui non era un uomo, era un genio, che nessuno mai riuscirà ad eguagliarlo (o almeno in questo mondo).
La Madonna col Bambino e San Giovannino di Raffaello abbaglia per la purezza dei colori. I suoi celesti ricordano i cieli di certe giornate serene in montagna.
La Salomè di Lucas Cranach, così fantasticamente sproporzionata e colorata, ti ricorda vagamente la Regina di Cuori di Alice nel paese delle meraviglie, quella interpretata da Helena Bonham Carter nel recente film diretto da Tim Burton.
Tiziano, di cui sono innamorata fin da giovane con il ritratto di un nobiluomo intenso, caldo e morbido come gli era proprio.
Guardi El Greco, e non capisci, non ci riesci proprio a capire, che le sue opere sono state fatte fra la metà del 1500 e il 1600 e non l’altro ieri come parrebbe per la freschezza e l’innovatività del tratto.
Artemisia… personaggio da me amato forse più di altri, artista che vivo come quello di una madre o di un’amica. Il suo quadro rappresenta Giaele e Sisara, dove Sisara (che di lì a breve verrà trafitto al capo da un enorme chiodo da parte della bella burrosa Giaele) è rappresentato con il volto di quell’Agostino Tassi da cui Artemisia aveva subito violenza in giovane età.
Oddio, ce ne sarebbero così tanti… sembra di fare una specie di indigestione. Ok, ancora un paio: lo “Sbadiglio” di Franz Xaver Messerschmidt scultore bizzarro di fine settecento, che assomiglia in maniera preoccupante a… no, non posso proprio dirlo se no si arrabbia forte questo mio caro amico.
Personaggi soffusi di un’atmosfera quasi subacquea e lattiginosa verde-oro per Janos Vaszary, fine 1800.
Un bronzo che rappresenta una specie di danza delle sirene che si fondono insieme di Auguste Rodin.
Ve lo chiedo come favore quasi personale: andata a vedere tutta questa bellezza e… Buon Natale a tutti!